Se la Social Economy Week dello scorso settembre a Murcia aveva mostrato un paese, la Spagna, in cui l’economia sociale ha ormai scalato i vertici dell’agenda politica nazionale ed è integrata nell’attenzione del governo e delle autorità locali, il Forum Mondiale dell’Economia Sociale (GSEF) di Bordeaux (29–31 ottobre) ha restituito un quadro diverso, ma altrettanto eloquente: quello di una Francia in cui l’economia sociale e solidale (ESS) ha raggiunto un profondo radicamento nelle istituzioni regionali e locali, pur in un contesto attuale di minore protagonismo del governo centrale.

Molti territori francesi sono oggi attori operativi dell’ESS con programmi diffusi, iniziative come i “mesi dell’economia sociale” – a novembre nelle regioni Grand Est, Bourgogne–Franche-Comté, Hauts-de-France – e la capillare presenza delle Camere regionali dell’economia sociale e solidale, veri e propri nodi di connessione tra istituzioni, imprese e cittadini.

A colpire, durante i tre giorni di lavori, è stata soprattutto la partecipazione record — oltre 9.000 delegati provenienti da 100 Paesi, riuniti per discutere dell’economia sociale non solo come modello di sviluppo globale ma anche come antidoto per la crisi delle democrazie. Purtroppo, assente o quasi l’Italia, con pochi delegati, tra cui Torino Social Impact.

Un forum tra politica e pratiche

Il GSEF di Bordeaux ha rappresentato un connubio riuscito tra posizionamento politico e confronto di pratiche. Sul palco principale, di fronte a un pubblico di migliaia di delegati da tutto il mondo, si sono alternati interventi di altissimo livello, da figure istituzionali a esperti internazionali, delineando un’agenda globale per l’economia sociale del futuro.

Il sindaco di Bordeaux, Pierre Hurmic, ha aperto i lavori con una dichiarazione d’intenti chiara: «Questo forum non è l’anti-Davos, ma il post-Davos», definendo così l’ESS come un modello di economia capace di unire sviluppo e solidarietà. Tra gli interventi più applauditi quello di Benoît Hamon, già ministro e promotore della Legge sull’economia sociale e solidale del 2014 in Francia, oggi presidente di Social Economy Europe France. Hamon ha affermato che «L’ESS è uno degli ingredienti attraverso i quali estendiamo il campo della democrazia. È un antidoto alla disumanizzazione della società, uno dei modelli più ispiranti per i secoli a venire.» Il presidente di Social Economy Europe, Juan Antonio Pedreño, ha sottolineato l’urgenza di riportare l’economia sociale al centro delle politiche economiche europee, e non relegarla al solo ambito del welfare. Nello stesso solco l’intervento di Simel Esim, direttrice della Cooperatives Unit dell’International Labour Organization (ILO) e Presidente della  UN Inter-Agency Task Force on Social and Solidarity Economy (UNTFSSE), che ha invitato a misurare l’impatto dell’economia sociale “andando oltre il PIL”, valorizzandone il contributo culturale e civico e sottolineando che occorre elevarla a nuovo mindset per fare impresa ed politca economica. Lamia Kamal-Chaoui, direttrice del Centre for Entrepreneurship, SMEs, Regions and Cities dell’OCSE, ha evidenziato la necessità di integrare l’ESS nei modelli di sviluppo urbano e territoriale, rendendola parte integrante delle politiche di innovazione locale.

Oltre alle decine di interventi di alto livello, il forum è stato una straordinaria occasione di confronto internazionale di pratiche, strumenti e approcci, con  169 tavole rotonde parallele articolate intorno a sette grandi percorsi tematici: finanziare la transizione: quali strumenti per sostenere l’economia sociale e solidale;  agire per la transizione ecologica: energia, alimentazione, rifiuti; sviluppare un lavoro dignitoso: occupazione, democrazia e inclusione; fare insieme: cooperazioni, territori e azione pubblica; sviluppare il potere di agire: autonomia per tutti; prendersi cura: l’economia sociale e solidale come attore chiave nella fornitura di servizi sociali; inventare un futuro desiderabile: innovazione, impatto e nuove narrative.
Non sono mancati interventi provenienti da aree segnate da tensioni politiche e sociali. David Cobb, coordinatore della U.S. Social Economy Network, ha descritto la situazione statunitense e ha sintetizzato come i valori dell’economia sociale siano “tutto” in tempi di crisi. Toccanti anche le parole del sindaco di Ramallah, Issa Kassis, che ha posto l’accento sul valore umano dell’ESS come strumento di pace, e del Premio Nobel tunisino per la Pace Ahmed Galai, che ha richiamato alla responsabilità collettiva dei territori nel costruire democrazia e resilienza, durante una sessione dedicata al ruolo dell’economia sociale e solidale come veicolo di pace.

Il Sommet mondial de l’ESS si è concluso con un forte senso di appartenenza globale, espresso nella International Youth Declaration, presentata da cinquanta giovani delle delegazioni presenti, e nella Dichiarazione di Bordeaux.

La Dichiarazione di Bordeaux: contesto, ruolo e impegni

Il documento riconosce che il mondo sta attraversando una fase distopica, segnata dall’aumento delle disuguaglianze, dai conflitti e dal declino democratico. In questo contesto, l’ESS viene riconosciuta a livello internazionale per il suo ruolo nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs): una forza stabilizzatrice e un’economia di dialogo e democrazia, resiliente di fronte alle crisi, capace di contribuire alla prevenzione, alla ricostruzione e alla riconciliazione; un’economia che difende i diritti economici e sociali e contribuisce ad affrontare la crisi climatica.

La dichiarazione impegna a rafforzare le pratiche locali e accelerare lo sviluppo dell’ESS, accrescere la consapevolezza e il riconoscimento dell’economia sociale, a promuovere una partecipazione civica inclusiva, in particolare dei giovani, e a costruire alleanze internazionali per una voce unificata dell’ESS nel mondo.

Il documento rivolge alcuni appelli all’azione a:

  • le Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali, per proseguire la ricerca e il sostegno politico all’ESS e creare un’organizzazione multi-stakeholder per scambi equi;
  • l’Unione Europea, affinché mantenga gli impegni del Piano d’Azione per l’Economia Sociale e sviluppi un quadro giuridico e fiscale coerente;
  • gli Stati nazionali, chiamati a riconoscere l’ESS per legge, co-progettare politiche pubbliche e finanziare la transizione ecologica con strumenti inclusivi;
  • i governi locali, invitati a rafforzare la co-governance e le partnership con l’ESS per affrontare le sfide sociali e ambientali del nostro tempo.

In conclusione, Bordeaux ha consacrato l’economia sociale come una forza globale di rinnovamento democratico, che non solo genera valore economico, ma ridefinisce il significato stesso di sviluppo, includendo al centro le persone, i territori e il pianeta.