L’imprenditore, partner con la sua azienda di cosmetici di Torino Social Impact, ha ricevuto da poco la delega alla Corporate social responsibility in Confindustria Piemonte «Diamo anche più cultura economica e gestionale al terzo settore».

Marco Piccolo ha 47 anni, quattro figli, una laurea in economia. Gestisce con la famiglia la Reynaldi di Pianezza, specializzata nella produzione in conto terzi di un’ampia gamma di prodotti cosmetici (6 milioni di fatturato, di cui 75% all’estero). L’azienda, per scelta, fa parte dell’ecosistema di Torino Social Impact. A lui, da poco, Confindustria Piemonte ha affidato la delega per la CSR (Corporate social responsibility).

Ne è convinto, Marco: «Nel mondo delle aziende – ragiona – dobbiamo ingranare la marcia. La sostenibilità non è un capriccio, ma un fattore di competitività irrinunciabile. A maggior ragione adesso che siamo tutti alle prese con il rilancio dopo la crisi del Covid. La sostenibilità è un valore trasversale. Molti la applicano soltanto al marketing, come storytelling per dire che si è attenti all’ambiente».

Alla Reynaldi ne sono più che consapevoli: «Abbiamo investito per arrivare a zero spreco di acqua ed emissioni di CO2. Costi importanti, che si ammortizzano velocemente, fanno bene all’ambiente e alle vendite. Grazie al riciclo dei rifiuti abbiamo abbattuto molti costi. Essere sostenibili, inoltre, vuol dire impostare bene i rapporti con il personale, conciliando tempo e lavoro. Ho strappato qualche risorsa alla concorrenza: li pago un po’ meno, ma sanno che alle 17 si chiude e ci si dedica alla famiglia o ad altro. Insomma, hanno l’idea che l’uomo è al centro».

L’USO DEL DENARO E IL PROFITTO

C’è un tema sempre in primo piano, quando si ragiona di impact economy, e riguarda l’uso del denaro e la gestione dell’impresa: «Sono preciso e pignolo nei conti – rivela Marco Piccolo –. E sono anche molto esigente sul lavoro, che va svolto come si deve. Noi ci siamo strutturati come Benefit-corporation, ma non significa che non ci interessi il profitto. Anzi. Alla Reynaldi il fatturato del 2020 è cresciuto del 26%. Avevamo 28 addetti nel 2019, ora sono 59. Un terzo degli utili è stato diviso anche con i dipendenti». Marco aderisce anche all’Aipec, l’associazione di imprenditori e imprese per la “economia di comunione”. Riunisce anche quei professionisti nel mondo del business che intendono porre come «valore aggiunto del proprio modo di lavorare nel mercato nazionale e internazionale, la cultura del dare». Un modo civico e responsabile di intendere l’economia ispirato da Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari.

ETICA E SOSTENIBILITÀ

Marco Piccolo è cattolico e credente impegnato. Non se ne vergogna, anzi, trae da questi valori – e dal contatto con i giovani – un supplemento di energia: «Sostenibilità? – si domanda –. Compriamo burro di karité in Burkina Faso, ma allo stesso prezzo di un fornitore italiano: per noi non cambia, per l’Africa sì, perché è dieci volte la quotazione locale. Siamo stati laggiù per insegnare loro a produrre, portando dei macchinari. Abbiamo creato lavoro e imprenditorialità. E frenato un po’ di immigrazione. Penso che esista un aut aut da superare: o inquino e ti dò lavoro; o non inquino e non ti dò lavoro. Non funziona in questo modo. E la gestione dei rifiuti è una chance, non un problema».
Sui temi della sostenibilità e dell’etica – in accordo con il presidente di Confindustria Piemonte Marco Gay – verranno lanciate più iniziative. «Proprio in questi giorni abbiamo avviato i lavori del tavolo che coinvolge ogni nostra territoriale anche attraverso i servizi della rete Enterprise Europe Network di cui siamo partner – è ancora Marco Piccolo a parlare –. Intendiamo poi creare un polo di competenza proprio sui bilanci sociali. Sostenibilità non significa assistenzialismo, ma dare dignità alle persone che lavorano su progetti che si tengono poi su con le loro gambe e danno beneficio al territorio. Nella mia azienda lo facciamo da tempo con il Gruppo Abele e San Patrignano. Cercheremo di unire le forze e di organizzare momenti formativi, magari coinvolgendo le banche e andando a trovare sul posto le imprese sostenibili. Insieme al sistema camerale, poi, eseguiremo test sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale delle aziende con un metodo internazionale: almeno 50 entro l’anno. Per portarli a regime nel 2022».

COME REAGIRE ALLA CRISI DOVUTA ALLA PANDEMIA?

Infine, la pandemia e Torino Social Impact: «La sostenibilità – conclude Piccolo – aiuterà anche a fare sistema. Però è fondamentale il contributo di tutti, non può essere solo più un tema demandato allo Stato e alla filantropia. È necessario riscoprire il valore sociale dell’imprenditore. Ecco, diciamolo: siamo alla ricerca dei nuovi Olivetti, per una nuova economia civile. Allo stesso tempo, bisogna sviluppare bene la cultura economica nel terzo settore e nella innovazione sociale. L’ibridazione tra profit e non profit è la strada da seguire. L’imprenditore – che da sempre si prende cura della propria impresa, dei propri collaboratori e di tutta la propria filiera – deve ampliare ancora di più lo sguardo. Insomma, una nuova modalità di fare impresa che porti beneficio alla comunità, senza inquinare, senza generare disuguaglianze o ingiustizie sociali, migliorando allo stesso tempo produttività, competitività e profitto».