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Smart working, riduzione della CO2, innovazione di processo e di progetto, un impegno concreto contro il Coronavirus: donati 5 milioni. Ma il gruppo è anche protagonista nell’avvio di Powercoders Italia per i rifugiati

Reale Mutua aderisce a Torino Social Impact. Bene. Ma che cosa c’entra un colosso fondato nel 1828 in riva al Po, che conta 1.150 dipendenti ed è capofila di un gruppo internazionale presente in campo assicurativo, immobiliare e dei servizi in Italia, in Spagna e in Cile? Che cosa vuole una società con 4,45 milioni di soci assicurati, circa 3.700 addetti, quasi 2.200 agenzie, un risultato di gruppo che supera i 148 milioni di euro e ha patrimonio netto a quota 2,5 miliardi?

Intanto, potremmo rispondere che ha nel suo Dna la mutualità. Chi si assicura con Reale diventa socio ed è in qualche modo chiamato a sentirsi “corresponsabile”. Già nel periodo difficile delle guerre del secolo scorso la solidarietà e il sostegno a chi aveva maggiori necessità non è mai stato fatto mancare. Nel quartier generale di via Corte d’Appello a Torino c’è poi quel timbro molto subalpino di riservatezza e dedizione nella buona gestione economica dell’azienda. Dal 2017 innervata anche da uno sguardo sul futuro: negli open space del Talent Garden hanno creato «Reale Lab 1828». È una struttura molto agile, con un pool di una decina di persone altamente qualificate a guidarla. Da ogni settore i dipendenti vengono chiamati a sperimentare per alcune settimane soluzioni d’avanguardia per poi tornare in ufficio e “contagiare” in maniera positiva colleghi e ambiente di lavoro.

L’impact economy, insomma, è dunque anche un mix appropriato di politiche industriali e di visione, cui corrispondono precise strategie. Che diventano scelte quotidiane nella vita aziendale. Piedi per terra e testa alta, come suggerivano i nostri anziani.

Smart working, anzitutto

Un esempio? Reale ha scelto lo smart working in tempi “non sospetti”, ben prima della pandemia di Covid-19 per intenderci. Ed è, al momento, la migliore azienda italiana per il lavoro agile a distanza. Lo ha stabilito l’anno scorso l’Osservatorio del Politecnico di Milano assegnandole il «Contest Smart Working Award 2019». Il gruppo assicurativo, all’inizio del 2020, coinvolgeva già oltre mille persone in questa modalità: il 50% dei dipendenti, che saliranno al 75% entro dicembre per diventare “senza limiti” nel 2021. La richiesta di adesione è volontaria, la retribuzione resta invariata. Il numero massimo di giorni effettuabili in remoto sono sei al mese (8 il prossimo anno): gestiti in modo flessibile, debbono garantire il 50% dei lavoratori in presenza all’interno delle diverse funzioni.

Reale Mutua ha investito 300mila euro per la progettualità, la formazione e il change management. L’iniziativa si chiama “Be Smart” ed è decollata nel luglio 2017. L’orario di lavoro in remoto è flessibile, ma non si può prima delle 7 e dopo le 19 (il venerdì dalle 7 alle 17). Come dire: il lavoro è un bene, ma non deve prevalere sulla sfera privata, schiacciandola, mortificandola. Ottimo qualsiasi luogo, purché siano rispettate le norme di sicurezza per il lavoratore e per i dati sensibili. Vengono forniti pc portatile, softphone, router wifi, vpn e, in certi casi, il telefono aziendale. C’è soddisfazione e i manager parlano di «aumento della produttività». Gli smart worker? «Migliore concentrazione e maggior benessere personale». In media, hanno lavorato a distanza 4,5 giorni al mese. Il risparmio? Per il tragitto casa-lavoro 25 euro e 64 chilometri, ovvero 86 tonnellate di CO2 in meno dall’inizio della sperimentazione a oggi. Il tempo sottratto agli spostamenti (circa 101 minuti al giorno) è stato reinvestito in famiglia (49% dei casi), nel lavoro (24%), in sport e hobby (19%). Insomma, il lavoro agile, numeri alla mano, è una scelta assolutamente sostenibile.

In questi giorni di Coronavirus i dipendenti in smart working sono il 98%. È una accelerazione imposta dall’emergenza sanitaria, d’accordo. E prima o poi, come tutti speriamo, finirà. Ma il lavoro agile resterà come scelta strategica. Commenta Luca Filippone, direttore generale di Reale Mutua, capogruppo di Reale Group: «Il progetto è nato non solo per il raggiungimento di una miglior conciliazione tra vita privata e lavorativa. È anche concepito come un’opportunità di sviluppo di una nuova cultura aziendale».

L’impegno per i rifugiati

Se lo smart working è la “cifra” con cui si può capire il modo in cui s’intendono le relazioni all’interno dell’azienda, vi sono poi i risvolti “esterni” che aiutano a capire. Sapete cos’è Powercoders? È una organizzazione non governativa fondata in Svizzera che si propone di trasformare i rifugiati in esperti di coding, cioè in programmazione informatica computazionale. Un progetto molto interessante, che si è sviluppato inizialmente a Berna, Basilea, Losanna e Zurigo con un buon successo: il 97% di chi segue i corsi trova uno stage dopo il corso e il 60% poi trova lavoro. La logica è win win su due fronti: esistono molti rifugiati disoccupati con competenze in IT (information technology), mentre in Occidente si avverte la mancanza di talenti IT. Cosicché si può creare una soluzione sia per chi fugge da Paesi ingrati sia per la nostra economia.

Ebbene, Reale si è buttata in questa iniziativa per crearne un avamposto italiano proprio a Torino, con una prima classe da poche settimane già in formazione. Lo ha fatto insieme a Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi Onlus e Lenovo, in collaborazione con UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Italia e Fondazione IBM. «Reale Foundation, la Fondazione corporate di Reale Group – è ancora Luca Filippone a parlare – è orgogliosa di essere il principale sostenitore di Powercoders Italia. Collaborare con una rete di partner di eccellenza, ci permette di mettere a fattor comune le rispettive competenze nell’intento di fare sistema per Torino e il nostro territorio e di generare impatti positivi e misurabili. Per Reale Group è un ulteriore contributo che vogliamo dare per favorire lo sviluppo e il diffondersi di modelli di business inclusivi, innovativi e sostenibili».

 

La sostenibilità

Non è tutto. Virginia Antonini è la responsabile sostenibilità in Reale Mutua e la persona che tiene maggiormente i contatti con Torino Social Impact. Nell’ultimo anno si è dedicata con passione a sviluppare questi progetti perché diventino sempre più espressione di una sensibilità condivisa. «È il nostro impegno – racconta la manager – e ne siamo convinti. L’impact economy può diventare una cultura diffusa, un nuovo paradigma, se ci sono testimonial convinti che fanno toccare con mano come si può cambiare. Penso alla positività e alla ricchezza che ha portato in me e nei miei colleghi l’inserimento di un preparatissimo giovane di rifugiato di Powercoders nel nostro team».

Tra le mani ha il report con i risultati del Carbon Footprint con la proposta di compensazione. Elaborati in febbraio da Kpmg, raccontano di 4.592 tonnellate di CO2compensate da Reale Mutua in Italia (6.596 comprendendo anche Spagna e Cile dov’è presente il gruppo), l’equivalente dell’inquinamento annuo di una città di circa 100mila abitanti come Udine. In denaro significa quasi 56mila euro, in parte destinati nel Torinese a una piantumazione immediata nelle aree protette del Po e della collina. «Non sono iniziative estemporanee – incalza Virginia Antonini –, ma rientrano in una intenzionalità che viene espressa anche nel nostro Piano strategico. Esiste una volontà che esprimiamo nella nostra formazione interna come nel raggiungere nel più breve tempo possibile di essere plastic free e paperless».

 

L’emergenza sanitaria

Quasi naturale, pertanto, il fatto che Reale Mutua sia in prima fila nel contrasto del Coronavirus. Reale Foundation ha attivato fin da marzo il proprio Protocollo di Emergenza avviando azioni di sostegno per far fronte agli impatti dell’attuale stato di pandemia. E raccogliendo una cifra significativa. «Anche noi, dipendenti, agenti, società tutte di Reale Group – conclude Luca Filippone – abbiamo fatto la nostra parte mettendo a disposizione 5 milioni di euro per sostenere l’encomiabile lavoro di tutto il personale sanitario coinvolto. Siamo convinti che l’Italia, unendo le sue forze, vincerà questa battaglia grazie all’impegno collettivo, ciascuno secondo le proprie possibilità: la solidarietà è la “medicina” vincente».