Grandangolo su numeri, difficoltà e chance di LegaCoop e Confcooperative. E dibattito aperto sul ruolo della finanza a sostegno delle imprese sociali.

Le cooperative sono punta avanzata del Terzo settore, ma debbono sapersi rinnovare. Continuando a sperimentare. Nell’ecosistema subalpino di Torino Social Impact – dicono così gli addetti ai lavori, ma vuol dire in buona sostanza la rete delle imprese che si riconoscono nella economia di impatto – la realtà che fa riferimento a LegaCoop Piemonte e Confcooperative Piemonte Nord ha consistenza ed esperienza di rilievo. Che adesso è stata messa a dura prova dall’emergenza Covid, specialmente nei servizi alla persona. Tutti i mali vengono per nuocere? No, ovviamente. Ed esistono delle opportunità di sviluppo, pur in un momento inedito e drammatico. Sono quelle che Mario Calderini, docente di Social Innovation al Politecnico di Milano e portavoce di Tsi, sta sostenendo in questi giorni: «Una volta riconosciuti i soggetti di Terzo settore all’interno degli interventi a sostegno dell’economia, la grande sfida è quella di immaginare il Terzo settore come un soggetto attivo e un protagonista delle politiche industriali del nostro Paese». Lo spiega in un articolato intervento su Vita, dove intreccia spunti di scenario provocatori e interessanti.

La pandemia del Coronavirus

Ma che cosa è successo dopo lo tsunami di questi mesi? «Mai come in questo periodo siamo stati messi sotto pressione – assicura Fabrizio Ghisio, segretario generale di Confcooperative Piemonte Nord –: l’assistenza agli anziani piuttosto che ai minori hanno subìto vere e proprie rivoluzioni. Abbiamo dovuto fare i conti con qualcosa a cui non eravamo pronti culturalmente, bisogna ammetterlo. Il fronte tecnologico e digitale è ancora tutto aperto, anche se ci si stiamo appena riprendendo dal colpo. Però, questo cataclisma esistenziale ci ha aiutato a scoprire competenze latenti, che grazie al digitale possono aggiungersi a quanto già stavamo facendo. È una prima sfida che stiamo raccogliendo». Paolo Petrucci, coordinatore del Comitato direttivo delle cooperative sociali di Legacoop Piemonte, avverte: «Per prima cosa bisogna uscire da questo tunnel. È il tema della liquidità, decisivo per ripartire. Bisogna fare sistema assolutamente. Bene fanno il sistema camerale e le nostre federazioni a porre con determinazione la questione: la pandemia è uno spartiacque e nulla è più come prima. E bene fa Torino Social Impact a raccogliere e far conoscere le risposte che più in generale si stanno dando sul territorio».

I numeri

Allarme, preoccupazione, strategie da imbastire e perseguire, dunque. Ma qual è il perimetro delle cooperative nell’area subalpina? La tendenza è quella di una progressiva erosione del tasso di crescita del movimento cooperativo, complice la grande crisi mondiale esplosa tra il 2007 e il 2008. Nascono meno cooperative, ma la cooperazione ha slanci ideali e capacità di guardare lontano.

L’ultimo report della Camera di commercio di Torino del 2019 parla di 1.389 cooperative attive sul territorio dell’area metropolitana (in calo del 4%): realizzano 2,5 miliardi di euro di valore e garantiscono lavoro a quasi 46mila addetti. Il terziario è protagonista: il 44,3% delle imprese è impegnato nei servizi alle imprese, il 25,1% nei servizi alle persone.

Legacoop Piemonte e Confcooperative Piemonte Nord contano insieme 658 cooperative: 603 hanno sede legale in provincia di Torino, realizzano 1,5 miliardi di valore di produzione (il 60% del totale) e impiegano 24.830 addetti (il 54%).

In Piemonte si contano 3.034 cooperative: è la decima regione in Italia. Sul podio ci sono la Sicilia (con 12.094), la Lombardia (10.647) e il Lazio (8.865). Secondo i dati del sistema camerale aggiornati al 31 dicembre 2019 le cooperative attive in Italia sono 78.736 (in pratica 13 coop ogni 10mila abitanti), di cui solo il 19,3% è localizzato nel Nord-Ovest italiano. A livello nazionale le coop “under 35” sono 5.347, con una flessione – in soli dodici mesi – del 13,5%.

Il terzo settore e la finanza

Il Covid, alla resa dei conti, sarà un acceleratore anche per il mondo delle cooperative? Dipende da molti fattori, ovviamente. Ma sullo sfondo delle emergenze di questi giorni di Coronavirus rimane un tema centrale: il rapporto con la finanza, che non è solo l’annosa questione dell’accesso al credito. L’idea della ibridazione – cioè, in prospettiva, il superamento tra for profit e non profit – è un modo per “far fuori” il Terzo settore da parte dei diavoli (per dirla con la serie di Netflix) dei listini? «Intendiamoci – risponde Paolo Petrucci – non tutta la finanza è uguale ed è importante operare distinzioni. Io penso che sia importante ragionare con apertura e rapidità, consapevoli però anche che la formula cooperativa è nel nostro Dna e per noi è irrinunciabile». «Io penso che Torino Social Impact possa essere di aiuto a guardare lontano – interviene ancora Fabrizio Ghisio – e dunque a mettere da parte i timori su che cosa potremo essere domani. Se l’ibridazione è la strada, ben venga. Sapendo che per migliorare, portando idee e risorse, bisogna essere generativi e non divisivi. La sfida è però aperta: o saremo tutti a impatto sociale o non saremo soggetti capaci di costruire il bene comune. È qui il punto che fa la differenza per cambiare l’economia. E sotto la Mole abbiamo i numeri per poterlo fare prima di altri».

Per approfondimenti, il report sullo stato di salute delle coop torinesi: https://www.to.camcom.it/lo-stato-di-salute-delle-cooperative-torinesi