L’iniziativa è dell’associazione groscavallese Al Cicapui, che sta allestendo un coworking a Torino. (articolo di Francesco Munafò)

Il nome è suggestivo: “edilizia circolare”. Indica un processo di costruzione di strumenti e di spazi a partire da materiali di scarto che vengono “salvati” dalle discariche. Ed è esattamente questo l’obiettivo che l’associazione groscavallese Al Cicapui sta portando avanti da tempo, costruendo passo dopo passo uno spazio di coworking a Torino.

La realizzazione dello spazio è resa possibile, tra le altre cose, dal partenariato con AICS Torino, ente capofila del progetto assieme ad altri enti del terzo settore. Tutti assieme hanno partecipato al bando che la Città di Torino ha pubblicato nella cornice del Piano di Inclusione Sociale con il progetto “Comunità nutriente per nuove traiettorie generative di vita”.

L'ingresso dell'atelier
L’ingresso dell’atelier

 

Da quando è nata, Al Cicapui si è sempre fatta portavoce ed artefice di progetti in ottica di edilizia circolare e, grazie alle competenze interne ed alla rete di imprese donatrici, sosterrà alcuni interventi di rigenerazione di interni nell’ambito dell’housing sociale.

Chiara Ferraris, che rappresenta l’associazione, ci risponde proprio dallo spazio di Coworking in Piazza Vetta d’Italia a Torino, che Al Cicapui gestisce con altre due cooperative. Uno spazio in continuo movimento, animato dalle forme e dai colori degli arredi costruiti da chi vivrà quello spazio per lavorarci o studiarci.

 

 

“Si tratta del nostro cavallo di battaglia – dice Chiara – a cui teniamo molto. Ora siamo qui a Torino, ma l’idea di arredare gli spazi con materiali di riuso nasce da Groscavallo, precisamente da frazione Migliere”. Cioè la frazione in cui è nata l’avvenuta di Al Cicapui.

“Avevamo preso in gestione il campo sportivo della frazione – prosegue Chiara – ma non c’era nulla, e quindi abbiamo dovuto arredarlo. Non avevamo i fondi per arredare tutto da cima a fondo, e così abbiamo pensato di cimentarci nella rigenerazione degli spazi utilizzando materiali di riuso”.

 

 

L’idea funzionava e lo spazio preso in gestione prendeva gradualmente forma, diventava accogliente e a misura d’uomo. Ma si badi bene a una cosa: qui non si tratta solo di puro e semplice riciclo di materiali destinati alla discarica.

Dietro all’arredamento di uno spazio, così come insegna l’urbanistica, c’è molto di più: “Nell’ottica dell’housing sociale – spiega infatti Chiara – è sicuramente importante rigenerare gli spazi, ma quello che conta davvero è avviare un processo di educazione al bello”.

Un processo che non può prescindere dal coinvolgimento di chi si servirà di quegli arredi una volta costruiti. “Renderele persone partecipi nella costruzione degli spazi che andranno a vivere – spiega infatti Chiara – diminusce notevolmente la possibilità che gli arredi possano essere vandalizzati o maltrattati.

 

Una lezione di edilizia circolare

 

Insomma, il vandalismo viene letto come fenomeno collegato all’estraneità degli spazi che ognuno di noi vive quotidianamente. Per evitarlo occorre che gli utilizzatori li facciano propri. E quale modo migliore per farli propri se non realizzandoli?

Sporcarsi le mani, costruire i propri spazi e riusare materiali di recupero diventa quindi un’occasione per innescare un processo educante e sostenibile. “Puntiamo anche molto sulla formazione – spiega Chiara -. Ad esempio, la cooperativa Biosfera ha fatto partire presso i nostri spazi un tirocinio per un ragazzo egiziano non ancora maggiorenne”.

Le cooperative, secondo Chiara, “hanno capito che è molto meglio insegnare l’italiano ai ragazzi tramite un tirocinio formativo e coinvolgente, attraverso cui il ragazzo può sentirsi partecipe di un progetto creativo, che mandandoli a fare i corsi tradizionali.

Uno dei render di Rebecca Ferrari

 

Con Chiara facciamo un giro del Coworking: ci sono joelettes, sedie, specchi, opere d’arte e tanti altri oggetti che arredano lo spazio. Tutto prodotto con materiali riutilizzati. “Abbiamo un contratto di due anni con Decathlon che ci fornisce i materiali – spiega Chiara – con cui poi realizziamo gli arredi e gli strumenti”.

Per lei si tratta anche di lanciare un messaggio di sensibilizzazione, e non solo ai cittadini comuni. “Vorremmo anche sensibilizzare le aziende – dice – facendo vedere loro che con i pezzi di scarto si possono riprodurre anche oggetti funzionanti e socialmente utili.

Ma il coworking di piazza Vetta d’Italia è tanto altro. Ad esempio, dal 2020 Al Cicapui realizza qui dei corsi di edilizia circolare all’interno del progetto Bottega Scuola Piemonte.

Sempre all’interno di questo progetto si svolge il lavoro della designer Rebecca Ferrari, laureata al Polito con la tesi “Out-Feel: la sensorialità nell’autismo”. Rebecca si occupa di realizzare arredi sociali in autocostruzione con prodotti Decathlon e casse per il trasporto vetro giunte a fine vita.

In progettazione c’è anche un’aula studio, realizzata sempre con materiali di scarto e sempre all’interno del Coworking torinese. La prospettiva è, anche qui, quella di coniugare l’esigenza di abitare gli spazi con la possibilità di avviare un percorso di autoeducazione al bello e di rispetto dei luoghi condivisi.

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